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Dalla Giunta: nuovi criteri per individuare le zone di pericolo

Nell'individuazione delle zone di pericolo, quelle a maggiore rischio idrogeologico, i Comuni dovrano tenere conto non solo delle fonti naturali di pericolo, ma anche dell'esperienza pluridecennale effettivamente vissuta in queste aree: è quanto ha deciso oggi (14 maggio) la Giunta provinciale.

Una direttiva dell'Unione Europea obbliga tutti i comuni a dotarsi gradualmente di una mappatura delle zone considerate a rischio dal punto di vista idrogeologico, i cosiddetti piani di pericolo. Ogni Comune è obbligato a presentare uno specifico piano delle zone di pericolo. Punto centrale è l'individuazione delle cosiddette zone rosse, quelle considerate a maggiore rischio idrogeologico, dove sarà introdotto il divieto di costruzione e nessuna struttura demolita potrà essere nuovamente edificata, con notevole danno patrimoniale per gli immobili.

A fronte di tale situazione, la Giunta provinciale ha stabilito che nella stesura dei piani delle zone di pericolo vengano considerati non solo le fonti oggettive di pericolo provocate da erosioni del terreno, piene o valanghe, ma venga anche introdotto un nuovo criterio - nelle zone rosse - riferito all'esperienza secolare verificata in tale area e al fatto che per decenni in quel luogo non si sono verificate calamità. Sempre in materia, la Giunta ha inoltre definito la necessitá di distinguere tra siti abitati (un paese, un insediamento con più edifici) e singoli immobili situati nel verde agricolo. "Anche in questo secondo caso deve essere applicato il criterio dell'esperienza pluridecennale", ha spiegato il presidente Durnwalder. Il progettista, ad esempio, dovrà tenere conto del fatto che un maso isolato, anche se insediato in un determinato luogo considerato a rischio, in realtà per secoli non abbia mai subito danni provocati da un pericolo naturale.

 

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